Di taxi e di sapone

30 Maggio 2014
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E mo’ che fa tutto ‘sto tempo alla stazione, che il treno parte alle 9.20? Siamo arrivati troppo presto…”

“Vado al negozio dei saponi, mi piacciono i saponi, forse me ne compro uno”.

“Ah, i saponi… oggi co’ ‘sti saponi… io vengo da una famiglia contadina, mia madre lo faceva lei il sapone, quello scuro… Ci lavavamo con quello, noi”. Ci pensa su un momento, poi ride: “non è che ci lavassimo tanto, a dire il vero, anzi pe’ gnente!”

“Quando ho fatto la prima comunione, lá al paese si faceva tutto insieme, comunione e cresima, tutti i regazzini, veniva il prete, e io e mio fratello allora ci dovevamo lavare. Nella tinozza, il bagno non ce l’avevamo, prima s’è lavato mio fratello. Quando sono entrato io nell’acqua c’erano due centimetri di nero!” e ride divertito e ma gli occhi sanno di nostalgia.

“Altrimenti – continua – non ci lavavamo mai, solo un po’ gli occhi, come i gatti. Non c’era il riscaldamento, l’acqua era fredda… Da maggio a ottobre ci buttavamo nel fiume, ma d’inverno… d’inverno no”.

“Oggi però ci si lava troppo, troppi saponi aggressivi, troppi prodotti, lo dicono anche i dermatologi quando fanno queste riunioni, lo dicono anche loro che alla pelle fa male. E poi io lo vedo, queste donne di spettacolo che si mettono tutte queste creme – e si tocca la pelle del viso a mimare un fondotinta spesso – tutti ‘sti prodotti, a sessant’anni poi je casca tutto! – e qui mima un viso che si disfa”.

Siamo arrivati davvero ora, ci salutiamo, mi sorride di nuovo, con la bocca, con gli occhi, un sorriso così bello e caldo che mi viene voglia di abbracciarlo.

Sorrido anche io.