C’era una volta un piccolo regno che si estendeva lungo le coste dell’odierna Campania. Lungo le coste, sì, ma non dalla parte della terraferma: questa nazione sorgeva nel mare, ed aveva nome ‘Vongolia’.
I suoi abitanti, i Vongoli e le Vongole, abitavano piccole graziose casette edificate tra gli scogli. Essendo per loro natura assai pacifici, i Vongoli avevano accolto nel loro regno numerose altre popolazioni che, come loro, prediligevano scogli ed anfratti per dimora: cozze, granchi, gamberetti, patelle e così via. Nel regno della Vongolia si era di conseguenza ben presto realizzata una interessante fusione etnica e culturale, e non erano rari i matrimoni misti e la successiva nascita di strani simpatici cuccioli come i ‘vongolozzi’, i ‘granchioli’, le ‘gamberelle’ o i ‘grancheretti’.
Dunque la vita dei Vongoli scorreva tranquilla per tutto l’anno, tra allegre cene in compagnia, balli e danze in occasione delle feste patronali e, nella bella stagione, bagni di sole per le belle Vongole, vigorose nuotate per i loro mariti e, per i più piccoli, tuffi e sguazzi, sotto lo sguardo benevolo delle loro mamme. Tutto l’anno. O quasi: ogni anno proprio nel giorno che dovrebbe essere il più sereno, il più pacifico di tutti, un’orribile battaglia dilaniava la Vongolia. Il giorno della vigilia di Natale, infatti, tradizione voleva che i Napoletani, popolo confinante, mangiassero ‘Spaghetti a Vongole’, un piatto invero assai gustoso, ma del quale, ahinoi, ingrediente essenziale erano proprio le nostre care Vongole. Sicché il 24 di dicembre gli abitanti della Campania, compatti, invadevano Vongolia e facevano incetta di Vongole per imbandire le proprie tavole natalizie. Vongole a migliaia venivano rapite, e altre migliaia di Vongoli perdevano la vita nel disperato tentativo di difendere le proprie figlie e le proprie mogli. Pochi sfuggivano a questa sorte, ed il numero degli abitanti della Vongolia, inesorabilmente, di anno in anno si assottigliava. Primavera, estate e autunno trascorrevano nello studio di piani di difesa e rappresaglie, ma la verità è che i Vongoli erano troppo deboli per opporsi ai Napoletani, ed erano pertanto condannati a subirne i soprusi.
Un giorno un Vongolo di nome Vongolhandi, stanco di tutto quel combattere e del sangue versato, vestì un saio di alghe bianche e prese a girare per tutti gli scogli del suo paese predicando la non violenza. La guerra e le battaglie non portano a nulla, diceva, ed il sangue non può che chiamare altro sangue.
I Vongoli suoi compatrioti dapprima lo guardarono perplessi, ma poiché anch’essi erano di natura pacifici, e poiché d’altronde erano ben consapevoli che con le violente battaglie natalizie si conseguiva il solo discutibile risultato di incrementare il numero di morti e feriti, ben presto si unirono a lui e, tutti vestiti d’alghe bianche, percorsero scogli, secche e fondali diffondendo il loro messaggio di pace.
Il 24 dicembre dell’anno successivo non ci furono scontri, non guerre, né battaglie. Le Vongole, tenendosi per mano e cantando canti natalizi, si avviarono spontaneamente verso pentole e padelle dei loro persecutori Napoletani.
Quale non fu la meraviglia dei Napoletani quando si videro arrivare nelle loro case il dignitoso, mesto corteo di Vongole e Vongolette! E poiché era la vigilia di Natale, giorno in cui si è tutti più buoni e più propensi alla compassione, quando una prima famiglia, rompendo con la tradizione, decise di togliere gli ‘Spaghetti a Vongole’ dal menù, tutte le altre famiglie ne seguirono l’esempio, e la serata finì con un’allegro cenone natalizio nel quale le Vongole erano non più il piatto principale, ma le ospiti d’onore.
Quando la notizia del grande successo dell’azione delle Vongole si diffuse, anche tutti gli altri animali normalmente compresi nei menù natalizi presero a manifestare pacificamente. Sit-in, lunghi cortei, picchettaggi, e cartelli e bandiere che inneggiavano alla non violenza. Spigole, e capitoni, appellandosi all’art.3 della Costituzione, chiedevano parità di trattamento. E presto la protesta si estese anche a tutti quei pesci e molluschi che non potevano vantare alcuna relazione con i cenoni natalizi, e poi entrarono in sciopero gli animali della terraferma, agnelli, conigli, maiali, hamburger… cioè… volevo dire… vitelli, e poi anche polli, tacchini, quaglie e gli uccelli tutti, perfino rondini e passerotti, che normalmente non sono cibo per uomo, ma scioperavano anche loro, per solidarietà (e, che resti tra noi, per bigiare la scuola). Insomma, la protesta divenne mondiale. Ed un po’ alla volta le ragioni degli animali conquistarono il consenso dei popoli del mondo. La gente parteggiava ormai per gli scioperanti e le autorità non sapevano più, è il caso di dirlo, che pesci pigliare. Una commissione composta dai delegati dei vari Paesi fu costituita per esaminare il problema, e dopo giorni e giorni di discussione, emanarono una direttiva comune: il mondo sarebbe stato vegetariano. Vittoria, canti, tripudio. La solidarietà, la sensibilità, la giustizia avevano finalmente trionfato sui puri istinti brutali della natura.
Ma già Soia, Grano, e Orzo e Farro si stavano mobilitando ed organizzavano una protesta per ottenere anch’essi parità di trattamento….